l logo veniva imposto al mondo attraverso una specifica e dettagliata visione aziendale, una guida per tutta la comunicazione. Per molti, moltissimi anni, il brand design fu al riparo da cambi generazionali, amministratori delegati o parenti grafici in cerca di gloria. Nessuno poteva minimamente modificarlo.
Poi è arrivata la tecnologia, non quella che fa accendere i computer o le macchine, non delle “cose”, ma quella impalpabile che tutti i giorni quotidianamente ci circonda e di cui a volte nemmeno ci rendiamo conto. Che, nel bene o nel male, ha saputo mutare il design e la sua percezione. Oggi un’azienda deve fare i conti con tutto questo, deve saper seguire la tecnologia (una volta l’avrebbe dominata), anticiparla e (in alcuni casi) adattarsi ad essa.
Un adattamento silenzioso quello dei brand, avvenuto con costanza e lentezza (come tutte le novità) e in molti casi mal digerito o espresso male. I nuovi mezzi di comunicazione hanno spazzato via un’intera tipologia di loghi, quelli che prima erano tutti ombre, smusso, sfumature, colori sgargianti e photoshop come se non ci fosse un domani. Oggi sono nell’era del flat design, imperatore sovrano della grafica di questo millennio.
Il flat design è tutto minimal, piatto, monocolore (quando si può), facilmente leggibile anche da lontano o da piccolissimo. Tanti device, stesso idea di logo. Per comprendere meglio questo mutamento, vi basta osservare il progetto Logos Responsive di Joe Harrison (http://responsivelogos.co.uk/), designer londinese capace di realizzare un sito responsive dimostrativo (che si adatta a qualsiasi tipo di device) inserendoci alcuni dei loghi più famosi al mondo, dalla Coca-Cola alla Nike, dalla Bang & Olufsen alla Levi’s, passando per Heineken e altri ancora.
Il logo Walt Disney Pictures ad esempio, prima perde il castello della Bella Addormentata, poi diventa solamente Disney e infine una “D” corsiva nella più piccola delle finestre. Ecco il perfetto esempio di come (per non sparire mediaticamente) un brand design si adatta ai nuovi supporti, cosa impossibile da pensare solo fino a poco tempo fa.
Altro esempio di come nel corso del tempo un’importante azienda possa aver mutato la propria mission comunicativa adeguandosi all’Impero del flat è quello del McDonald’s che (recentemente) ha lanciato tutta una campagna comunicativa fatta di icone giganti dei suoi prodotti principali, sostituendo addirittura il simbolo di marchio registrato “®” con il logo aziendale, come a ribadire che il proprio marchio sia IL marchio (in versione flat).
Un azzardo? A quanto pare no.
Il fastfood brand per eccellenza ha colto nel segno e sia in strada (cartellonistica) che in rete (dove sennò?) non si fa che parlare della sua campagna promozionale. Probabilmente non sarebbe stato lo stesso se ci fossero state bellissime foto di gustosi panini al posto di quelle icone. Il mondo comunicativo sta mutando dunque verso il “piatto”, grazie alla quotidiana visione di schermi di varia grandezza e grazie a una maggiore sensibilità da parte di chi osserva. La tecnologia quindi è arrivata a cambiare il design e la nostra percezione? Probabile.
Anche se spesso abbiamo dato per morte idee creative che poi hanno fatto un lungo giro evolutivo per tornare poi indietro più fresche e innovative di prima. Che il flat design sia con voi.